domenica 26 febbraio 2012


sabato, 11 novembre 2006

 

E’ la festa di S. Martino, una figura, nel florilegio della santità, che ha dato spazio alla fantasia della carità. L’estate di S. Martino, che regala in queste giornate di novembre un tepore particolare, è legata al racconto che si fa del santo circa il suo gesto di carità nei confronti di un povero. Dare la metà del proprio mantello a chi è nel bisogno è il linguaggio più eloquente dell’amore, anche i bimbi lo capiscono, forse meno noi grandi. Quello che sorprende è la conseguenza che ne segue: Martino non ha più freddo e neppure il mondo. E’ una percezione di calore, che ti invade tutta, e se anche se per poco, assume un valore eterno. Ho messo l’immagine dei papaveri, legata ad una mia esperienza personale, ad un’amicizia che supera i confini del tempo. Questo fiore ha incominciato a piacermi, quando mi fu regalato, tanto tempo fa, accompagnato dalla frase: calore di una sola giornata. Attraverso gli anni ho sperimentato la brevità del vivere di questo fiore, ma porto con me sempre il ricordo di quel gesto, per cui sostituisco “ calore di una sola giornata” con “ calore di sempre”.
postato da: SuorBernardina alle ore 10:58 | link | commenti (4)
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Commenti
 
 
 

#1   11 Novembre 2006 - 12:21
 

SAN MARTINO
Su di lui si raccontano molte leggende. La più famosa è questa. Un giorno d'autunno, mentre usciva da una delle porte della città francese di Amiens, dove viveva, vide un povero vecchio, mezzo nudo e tremante per il freddo. Martino si impietosì e sguainò la spada, tagliò il suo bel mantello di lana e ne diede la metà al povero. Immediatamente il sole si mise a scaldare come in estate. Per questo, si chiama l'estate di San Martino quel periodo agli inizi di novembre in cui spesso accade che la temperatura si faccia più mite.
 
  utente anonimo
#2   11 Novembre 2006 - 16:44
 
 
 


PREGA CON IL VANGELO

O Signore, fà che comprendiamo che la carità esige sacrificio e non ostentazione. Libera il nostro cuore da ogni interesse nel compiere il bene e insegnaci la vera gratuità nel donare e l’autentica oblazione che ci rende simili a te. Fà che il nostro dono non sia solo un gesto esteriore, ma provenga da un concreto amore al prossimo.

Nicola Gori
 
  utente anonimo
#3   13 Novembre 2006 - 11:56
 
Essere riscaldata dal sole è sempre bello ma essere riscaldato da un affetto, da un'amicizia è di gran lunga superiore. E essere riscaldato da Dio? In ogni momento Egli ci pensa e ci ama: questo dovrebbe mettere in noi una tale energia che niente e nessuno al mondo può fermarci. Amati da Dio dall'eternità e Lui non aspetta altro da noi che consegnarci a Lui e offrire la nostra vita per Lui amando l'altro come fratello. E' quanto ci ha detto tra l'altro il Rettor Maggiore nel Congresso mondiale dei Salesiani Cooperatori a cui ho partecipato in questi giorni. Allora, un invito a svegliarci dal sonno e ad amare sempre. Sr. AnnaLaura
  utente anonimo
#4   13 Novembre 2006 - 13:48
 
Mi è capitato di leggere una riflessione sul significato di..."prendersi cura". La riporto perchè mi sembra ben accostata al gesto di Martino e all'amore che Dio chiede ad ognuno di noi perchè la nostra vita sia feconda e significativa.

"Prendersi cura è amare,
essere presenti sempre,
preoccuparsi per l'altro.
Prendersi cura è la gratuità di chi soccorre lo sconosciuto,
di chi cambia i propri piani
per qualcuno incontrato oggi e che mai più rivedrà e quindi... non ringrazierà.
Prendersi cura è rischiare di persona,
perdere la propria vita, sonno risorse... per chi si incontra per strada.
Prendersi cura è non giudicare,
non scandalizzarsi della nudità e fragilità dell'altro.
E' essere consapevoli, anzi, che, nell'altro, vediamo la nostra nudità, la nostra fragilità, bisognosa di essere coperta dall'amore di Dio.
Prendersi cura è entrare nella vita dell'altro con delicatezza e tenerezza,
vegliare e attendere che l'altro bussi,
è amare e sperare per giorni, mesi, anni che l'altro ritorni...
Prendersi cura è stare in silenzio davanti al dolore degli altri,
è non dire parole superflue,
è sentirsi inutili ed accettare la propria incapacità di aiutare e salvare l'altro...
Prendersi cura è contemplare Dio e non lasciarsi sopraffare dalle paure e dalla ragione,
è riconoscere la propria piccolezza di fronte al mistero della vita e della morte, del dolore e della malattia,
è custodire con il cuore, senza capire con la ragione..."

Federica
  utente anonimo

 

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