domenica 26 febbraio 2012


martedì, 07 novembre 2006

 

Secondo le indicazioni della nostra Madre nella sua ultima circolare, ciascuna di noi è chiamata ad essere segno ed espressione di una nuova umanità, così da additare ai giovani cammini percorribili di cittadinanza evangelica. Non ci è chiesto di fare grandi cose, ma semplicemente di essere e di trovare senso in ciò che abbiamo scelto di vivere insieme. Pur nello sforzo quotidiano di sentirmi persona abitata dalla speranza, davanti alla progressiva crisi religiosa, mi pongo sovente interrogativi sul senso della mia identità e del mio futuro. Quello più presente è dare valore alla comunità, che non sta soltanto nello “ stare insieme”, ma bensì molto più nella “ comunione di vita”. Ho trovato una spiegazione che mi soddisfa e la voglio condividere. “ Una comunità è tale se vive la koinonia, cioè se dà testimonianza credibile di stare con Cristo, di dialogo fraterno reciproco e sereno, se vive la comunicazione dei beni materiali e spirituali, se sa porre gesti di riconciliazione e svolge una missione partecipata.” Al centro della comunione di vita è posto ciò che è al centro della vita:l’amore. Una siffatta comunità diventa palestra di spiritualità e nel contempo laboratorio di nuova umanità. Allora vivremo insieme non da consorelle, ma da sorelle e la famiglia crescerà in qualità ed in numero. La Madonna ci aiuti in questo programma dal respiro largo, che dà gioia e vita.
postato da: SuorBernardina alle ore 10:19 | link | commenti (10)
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Commenti

#1   07 Novembre 2006 - 11:00
alla domanda: che significato ha per te vivere un'Associazione di volontariato come l'Unitalsi ? la mia risposta è stata: essere allenati testimoni "fattivi e appassionati" delle pagine del Vangelo, ogni giorno della propria vita, nella propria vita, nella propria famiglia e nel proprio ambiente.
Condivisione e perdono, un'allenamento quotidiano.
La Madonna ci guidi!
Agnese
utente anonimo
#2   07 Novembre 2006 - 12:18
Condivido anch’io quanto tu hai scritto, la comunione è la chiave per vivere serenamente in comunità in cui ciascuno deve trovare il suo posto. Pubblico questa poesia che ho scritto in relazione a questo argomento

Il mio posto

Nell’abisso del mio cuore scendo;
la felicità, il sentirmi bene
non dipende da questo o quello,
ma dall’incontrarmi con te, o Signore.
Amarti è il luogo della mia felicità.
Impegnarmi ad amarti nei giovani:
ecco ciò che mi fa sentire al mio posto
dovunque sono.
Sono certo che solo nell’amare, il mio cuore
si cheta.
Non serve pensare al posto che occupiamo
ma serve si, pensare all’amore che nelle cose
mettiamo.
Fammi trovare, o Signore, la strada della gioia
che è la strada della comunione,
del sorriso, del donarsi e non del potere.
Fammi comprendere, o Signore, il mio posto,
uno dei tanti, ma ricco di amore per te,
per gli altri.
No,non voglio lasciarlo questo posto;
fa’ che lo tenga stretto a me, che senta
il mio respiro,
che abbracci te, l’umanità intera
nella preghiera, nel desiderio e mi faccia dono
a chi mi è vicino. Questo è il mio posto.
Signore, sono felice, respiro il tuo respiro,
spezzo il tuo pane e una goccia… diventa mare.

Sr. AnnaLaura Autieri
utente anonimo
#3   07 Novembre 2006 - 13:00
"...dare testimonianza credibile di stare con Cristo"! Bello questo impegno... è l'impegno che ciascun cristiano deve necessariamente mettere in conto... è l'impegno che mi sono assunto insieme ad Alessandra... essere piccola Chiesa domestica che testimonia l'amore di Dio per l'uomo... essere una cosa sola in Lui. Alla Madonna affido questo mio cammino. Matteo
utente anonimo
#4   07 Novembre 2006 - 17:51
Ho letto su "Consacrazione e servizio"
quanto riporto
"Per riflettere insieme:Per una relazionalità comunitaria. Una domanda provocatoria: Che cosa pensi – tu che mi leggi – di quell’antico detto: “Vita comune: mia massima penitenza?”.
Quanto più m’inoltro nella vita e nella riflessione sulla vita, tanto più mi pare che tale affermazione sia vera solo su un certo versante: quello del “dover” stare insieme. L’aspetto penitenziale ha la sua ragion d’essere, ma non è tutto. Anzi lo vedo come il necessario azionare qualcosa che apre gli spazi a ciò che è assolutamente indispensabile allo stare insieme comunitario: l’amore.
Così la penitenza del sopportare (ma meglio è dire: “accogliere”) quello che piace a te e forse a me causa un certo disagio, permette che si attivi una corrente d’amore. Ed essa diventa poi gioia in te e anche in me. Poiché l’amore è tutto.
Una FMA
utente anonimo
#5   08 Novembre 2006 - 15:16
Ciao!
La tua riflessione sulla dimensione comunitaria della vita consacrata, ha suscitato in me, invece, il pensiero all'esperienza, per tanti aspetti simile, di condivisione e riconciliazione quotidiana di cui è..."intessuta" la vita familiare e/o l'appartenenza alle Associazioni laiche di volontariato.
Ho riletto il discorso del Papa, in apertura del Convegno Ecclesiale di Roma (Giugno 2005), ed ho trovato diversi spunti interessanti.

"Dio radicalizza il suo amore fino a divenire Egli stesso, nel suo Figlio, carne della nostra carne, vero uomo.
In questo modo l'unione di Dio con l'uomo ha assunto la sua forma suprema, irreversibile e definitiva. E così viene tracciata anche per l'amore umano la sua forma definitiva, quel "sì" reciproco che non può essere revocato: essa non aliena l'uomo, ma lo libera dalle alienazioni della storia per riportarlo alla verità della creazione (...).
La scelta della verginità per amore di Dio e dei fratelli, che è richiesta per il sacerdozio e la vita consacrata, sta infatti insieme con la valorizzazione del matrimonio cristiano: l'uno e l'altra, in due maniere differenti e complementari, rendono in qualche modo visibile il mistero dell'alleanza tra Dio e il suo popolo"

E che cosa è l'alleanza se non una bellissima storia d'amore?!
L'amore che consente di superare il limite umano.
L'amore che ci guida a realizzare la nostra vocazione, qualunque essa sia.

Federica
utente anonimo
#6   09 Novembre 2006 - 07:58
Se può aiutarti

La comunità che amo

La comunità che amo non è quella ideale dove tutte le sorelle sono perfette, dove tutto è al suo posto, dove l’ordine regna sovrano e persino il respiro è controllato. La comunità che amo non è quella che tutto ha detto, quella che non prova a fare cose nuove, quella in cui è intraducibile il pensiero, quella in cui non ci si stupisce più perché tutto ormai è già compiuto. La comunità che amo non è quella che si trova al polo Nord, neanche quella che è al polo Sud e neppure quella che è a Est o ad Ovest. No, non è quella lontana, che non mi pesta i piedi, né mi fa sentire il calore della vita umana. E allora qual è la comunità che amo? E’ quella che mi chiede un po’ di pane, un po’ di comprensione, quella che mi domanda un po’ di luce, quella che mi cerca per fare insieme passi nuovi, di quella novità che viene dal Vangelo. La comunità che amo è fatta di persone reali, in cui il servizio è a portata di mano, quella in cui il respiro viene alimentato dalla brezza del vento di primavera o che mi rinfresca della rugiada della sera. La comunità che amo è fatta di persone comuni, umane, che, nonostante la buona volontà, non nasconde le sue debolezze; la comunità composta di sorelle ricche di esperienza, o ricche di entusiasmo giovanile, amante del nuovo; la comunità che costruisce passo dopo passo l’armonia dei cuori, la comunione. La comunità che amo è la mia comunità: quella che aspetta di essere compresa, amata e mi chiede un cuore di sorella perché in un reciproco amore siamo sostegno l’una all’altra. La comunità che amo è quella che nella preghiera attende la novità dello Spirito che fa dire “Abbà” e fa’ di tutte un cuor solo e un’anima sola. La comunità che amo è quella che mi fa sentire viva, vicina ad ogni sorella, pronta a condividere con tutte l’amore per i giovani, pronta a far conoscere il Signore, il Figlio di Dio, la Via, la Verità e la Vita. La comunità che amo è la mia comunità, con cui faccio esperienza di perdono e di comunione. Non c’è bisogno di andare lontano, di dire: se fossi lì o là; “Qui” e “Ora” c’è chi ti aspetta e chiede di credere che la strada di comunione è possibile. Dipende anche da te. La comunità che amo è la mia comunità
Sr. AnnaLaura AUTIERI
utente anonimo
#7   09 Novembre 2006 - 09:46
"Persona abitata dalla speranza": che espressione intensa e vera!
Risveglia il mio desiderio.

Grazie Sr.Bernardina!

Ciao
Cuoredipizza
__________

La vita è saporita
ad Jesum per Mariam
Contattami Guarda il medialog (foto, audio e video) di questo utente. Blocca questo utente Cuoredipizza
#8   09 Novembre 2006 - 18:20
Vivere la comunione è guardare davanti a noi la realtà che ci circonda con lo sguardo diritto al crocifisso.
Accettare le situazioni così come sono, evitando di giudicare le azioni poco simpatiche. Lui ci vede sempre e sempre scusa gli errori appena il nostro sguardo si incontra col suo..
Nannina
utente anonimo
#9   09 Novembre 2006 - 20:32
LA VITA FRATERNA IN COMUNITA'

Dalla Chiesa-Comunione alla dimensione comunionale-fraterna della comunità religiosa.

La comunità religiosa, nella sua struttura, nelle sue motivazioni, nei suoi valori qualificanti, rende pubblicamente visibile e continuamente percepibile il dono di fraternità fatto da Cristo a tutta la Chiesa. Per ciò stesso essa ha come impegno irrinunciabile e come missione di essere e di apparire una cellula di intensa comunione fraterna che sia segno e stimolo per tutti i battezzati.

Se vivremo così le vocazioni nasceranno
Ely
utente anonimo
#10   10 Novembre 2006 - 19:03

Voglio precisare che non mi riferisco al semplice e generico vivere insieme, al convivere accentuando alcuni “atti comuni”. Parlo della “vita fraterna in comunità”, vale a dire, di questa vita, che per poter esistere e crescere esige tempi d’incontro spirituale, di comunicazione, silenzio, revisione di vita, spazi ricreativi comuni; e soprattutto un clima di accettazione, di accoglienza, di amicizia e gioia.
Manuel A Mendes dos Santos
utente anonimo

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